Arzignano: la concia sa diventare “verde”

Giornale di Vicenza / di Maria Elena Bonacini

 “Arzignano green land”, ma non c’entrano Scozia e Irlanda. Quattro aziende della Valle del Chiampo domani saranno invece protagoniste dell’iniziativa omonima, che rientra nella “Green week” promossa, tra gli altri, da ItalyPost e Fondazione Symbola. Dalle 10 alle 16.30 infatti, sarà possibile visitare Acque del Chiampo, Ilsa, Samia e Dani, tutte aziende della zona che hanno messo la sostenibilità al centro della propria azione, come racconteranno alle 17 nel convegno che si svolgerà al Teatro Mattarello di Arzignano.

LA DEPURAZIONE. Opera non solo a valle della concia Acque del Chiampo, il cui depuratore compirà 40 anni ad aprile. «Il ciclo della pelle non è completo senza un depuratore in grado di sostenere i ritmi del distretto – afferma l’ad Andrea Pellizzari – e il festival è l’occasione per raccontare ciò che si fa anche in ricerca e sviluppo, su cui investiamo 2,5-3 milioni sui 46 di ricavi. L’impianto di trattamento dei fanghi completerebbe il circolo ambientale». Se il depuratore è un modello in Europa, il lavoro è ben più ampio, come spiega Mirco Zarlottin (R&S): «Stiamo valutando con le aziende quali siano i prodotti chimici più biodegradabili e anche i benefici e l’attuabilità del progetto di recupero del pelo». Un’idea che riprenderebbe un lavoro già fatto nel passato. «Oggi il pelo viene sciolto – spiega Daniele Refosco, direttore dell’impianto di depurazione – mentre se fosse recuperato solido potrebbe essere riutilizzato: diminuirebbe l’inquinamento dell’ac- qua». Cosa invece già riuscita riguardo al sale. «Moltissime pelli arrivato salate per la conservazione e questo sale finiva nell’acqua. Oggi le sbattono, lo tolgono e adeguatamente lavorato viene poi usato in caso di ghiaccio».

LA QUESTIONE DEL PELO. Un’operazione di recupero è anche quella fatta con il grasso di scarto, riciclato per ricavare biocarburante o saponi, dalla conceria Dani. Il presidente Giancarlo Dani auspica una collaborazione ancora più stretta con la Stazione sperimentale delle pelli: «La sede resti a Napoli, ma vanno creati due grandi laboratori in Toscana e qui, per far ricerca anche per le Pmi. L’accordo c’è, dobbiamo trovare spazi idonei». Sul progetto del pelo è invece scettico Paolo Girelli, presidente di Ilsa: «C’è bisogno di grossi investimenti da parte delle aziende e di definire chi raccoglie il pelo e dove si fa l’impianto. Se Acque del Chiampo lo realizzasse al suo interno noi saremmo disponibili, ma farlo qui sarebbe troppo complicato, per i problemi legati alle autorizzazioni, che in Italia nel campo del riciclo sono lunghe e complicatissime. La metà di ciò che finisce in discarica potrebbe essere recuperato, ma nessuno in Italia si prende la responsabilità di decidere e autorizzare». Il loro lavoro è altamente all’avanguardia, grazie alla collaborazione decennale con numerose università anche internazionali. «Trasformiamo gli scarti di pellame trattato in proteine pure al 98%, che vengono utilizzate come fertilizzanti nell’agricoltura biologica. A questo affianchiamo le biotecnologie per realizzare prodotti partendo da materiali di origine vegetale. E siamo l’unica azienda del nostro settore in Europa ad avere fatto l’analisi di impronta ambientale di processo e prodotto e stiamo lavorando a livello europeo perché questi diventino gli standard».

«VIA I PFAS». Impegnata sulla sostenibilità anche Samia, che crea prodotti per la finitura delle pelli e negli ultimi anni ha posto particolare attenzione a eliminare composti chimici particolarmente inquinanti come ftalati, formaldeide o pfas. «Oggi non si tratta tanto di rispettare le normative – sottolinea Raoul Sartori, manager di ricerca e sviluppo – ma di andare oltre, visto che sono i nostri clienti e i consumatori a chiedercelo». «Il futuro delle aziende italiane si fonda su questi temi – conclude Giacomo Zorzi, presidente Unic di Vicenza – Per questo abbiamo promosso un documento di sostenibilità per comunicare cosa significa questa parola, troppo abusata, per la concia».

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