Se sarà il futuro del fotovoltaico, ancora non è sicuro; che sia una tecnologia rivoluzionaria rispetto a quella che ha spopolato fino ad ora si può invece già dire. Quasi completamente ‘riciclabile’, con un’efficienza maggiore, in grado di produrre praticamente il triplo dell’energia: sono queste le caratteristiche della stazione sperimentale Archimede, realizzata a Cavareno daTrentino Rainbow Energy in collaborazione con Bim Adige e il Comune. Si tratta di un impianto fotovoltaico da 10 kilowatt e a monitorarlo è l’università di Ferrara, che ne controlla efficienza e operatività in vista dell’industrializzazione del prodotto, che è la prossima sfida di Trentino Raimbow Energy.
“L’impianto ARCHIMEDE è stato realizzato in laboratorio: riusciamo a fare sistemi di grandi dimensioni ma con tempistiche e dinamiche laboratoriali”, spiega in vista della Green Week Michele Tonezzer, project manager della stazione e fondatore assieme all’ad Paolo Decarli della società. “La prossima fase, alla quale stiamo già lavorando, consiste nell’ingegnerizzazione di processo e di prodotto con l’obiettivo di portare la tecnologia ad una fase industriale, ossia a portare la capacità produttiva da 150 kilowatt / anno a 100.000 kilowatt / anno”.
La tecnologia che sta dietro la stazione Archimede è nata nel 2010, ma la grande svolta è arrivata nel 2015, quando ha vinto il premio Leonardo, che “ha portato a un grande interesse da parte di grossi gruppi industriali sia a livello nazionale che internazionale”. Da lì, continua Tonezzer, è nata la collaborazione con Bim Adige. “Loro avevano fatto delle ricerche puntuali sui dati di irraggiamento in alta Val di Non e i dati lasciavano presupporre che la nostra tecnologia potesse essere competitiva in queste zone. Dopo aver incontrato Bim Adige ed i rappresentanti del Comune di Cavareno ci siamo resi conto di come ci fossero tutte le condizioni e tutti i soggetti per realizzare un progetto di sviluppo, dalla realizzazione al monitoraggio, valido e proficuo. Abbiamo quindi raccolto la sfida ed i risultati, che sono davvero significativi, ci stanno dando ragione: inoltre la stazione ARCHIMEDE rappresenta per noi un laboratorio a cielo aperto che ci offre il vantaggio di analizzare le diverse spcificità tecniche in clima temperato ed ottimizzare la tecnologia per questa fascia geografica”.
Ma qual è la tecnologia dietro l’impianto di Cavareno, inaugurato lo scorso luglio? La stazione è un sistema ottico a doppia riflessione, in cui la luce viene concentrata su celle di dimensione molto inferiore rispetto all’area captante. “Invece di illuminare interamente i pannelli fotovoltaici, concentriamo la luce su un’area di semiconduttore che è circa 700 volte inferiore a quella del pannello. Utilizzando celle molto piccole (circa 8 * 8 millimetri quadrati) ed estremamente performanti, produciamo più energia di quella che produce un impianto classico, grazie ad un’efficienza di sistema superiore al 32% contro il 16% della tecnologia standard ed al fatto che i moduli sono movimentati in modo continuo per seguire il Sole nel suo moto apparente, che consente al sistema di lavorare in maniera ottimale al giorno dalle 6 alle 8 ore rispetto all’ora standard”, continua Tonezzer. Si tratta di una tecnologia di derivazione spaziale, simile a quella utilizzata nei satelliti, che, assieme alla maggior efficienza della cella, permette di produrre circa il triplo di energia a parità di superficie occupata. Un altro vantaggio in termini di sostenibilità è che, tranne la cella, tutto il pannello è riciclabile: ne consegue che il 98% dei materiali può essere riutilizzato.
A realizzare l’impianto è stata la stessa società, che ha investito 115 mila euro, mentre Bim Adige ha partecipato con la stessa somma; il Comune, invece, è intervenuto per la concessione dell’area e per le opere in muratura. “Abitualmente, come Bim Adige, non facciamo nessun progetto in prima persona, ma sosteniamo quelli che sono in capo ai comuni o alle reti delle riserve. Attualmente la stazione Archimede è l’unico che abbiamo attivato direttamente”, spiega il presidente Giuseppe Negri. “Ora intendiamo partecipare anche all’industrializzazione del prodotto”. Ma le attività del consorzio, in realtà, spaziano in molti altri ambiti relativi alla sostenibilità: “nel bilancio di quest’anno abbiamo circa 5 milioni per interventi di passaggio dell’illuminazione pubblica a Led o per migliorare la qualità energetica degli edifici”. Anche per quanto riguarda il rapporto con l’Università di Trento, Bim Adige finanzia, con circa 40mila euro, “due borse di studio di ricerca, dedicate a chi ha già un dottorato: una riguarda il deflusso minimo vitale e il deflusso ecologico dell’Adige, mentre la seconda verte sul pagamento dei servizi ecosistemici ambientali”. In passato, racconta Negri, “ne abbiamo realizzate sul rapporto del fiume Adige con la città di Trento”, mentre un’altra “riguardava il problema dei sedimenti solidi e dell’habitat che si crea nel fiume”. (M.B.)