È il primo giorno e la sfida per Parma è già lanciata e persino accolta: unire alla «Food Valley» anche la «Green Valley», e da qui trascinare l’Italia: il tessuto imprenditoriale c’è. Perché no?», parte in quarta il vicedirettore del Corriere Della Sera Daniele Manca. «Di sicuro oggi c’è la squadra giusta in campo», chiude Ermete Realacci, storica voce dell’ambientalismo, presidente del Comitato Scientifico della Green Week partita da Trento e poi sbarcata – e non a caso- tre anni fa nella nostra città. In mezzo si raccoglieranno tanti «ci sto»: da Chiesi a Davines, dal Consorzio del Parmigiano Reggiano a Crédit Agricole, padrona di casa col suo Auditorium all’interno del Green Life in via La Spezia. In platea anche studenti e studentesse di diverse scuole.
Di «un’ economia civile che ha come scopo la felicità collettiva e non la ricchezza», parla Maria Paola Chiesi, capodipartimento Shared Value & Sustainability del Gruppo Chiesi. La base delle B-Corp, le aziende impegnate a garantire un impatto positivo su dipendenti, società e ambiente. «Tra l’altro, dimostrano di avere più competitività delle altre. In Italia sono 600 e a Parma ben 12: significherà pur qualcosa». Quando gli si chiede del rischio contraffazione, il presidente del Consorzio del Parmigiano Nicola Bertinelli punta invece sulla sua «insostituibilità data da valori e qualità». Il segreto è che può essere prodotto solo qui per i batteri lattici che si sviluppano sui foraggi: ecco perché ci preoccupa il cambiamento climatico. Ma vorremmo che venisse valutata anche la sostenibilità “umana” che danno le nostre aziende, permettendo che ci siano terre coltivate e scuole».
«Abbiamo vissuto una crisi energetica epocale, ma la battaglia sulla nostra dipendenza dalle materie prime energetiche non è vinta – inizia il presidente di Iren Luca Dal Fabbro -. Servono più rigassificatori, sviluppare le rinnovabili, abbiamo un potenziale di biogas enorme e se Israele Recupera il 90% di acqua piovana, qui solo l’11». «La nostra strategia? Agire – spiega l’ad di Crédit Agricole Italia Giampiero Maioli – verso un’economia a basse emissioni di carbonio, rafforzare coesione e inclusione sociale, supportare una transizione agri-agro di successo». La bella esperienza della «banca della plastica» la porta Davide Bollati, presidente Da-vines: «Il volume che produciamo per il packaging lo recuperiamo in zone critiche del mondo, riciclando-la». Oggi si parla di 780 tonnellate e se tutte le aziende lo facessero, il problema sparirebbe.
Parla anche di Parma capitale green Bollati: «È geopolitica: il mondo è sempre più diviso e se c’è un tema che può unire è la qualità della vita». La tavola rotonda «Sostenibilità e competitività» raccoglieva altre esperienze, come quella di CerealDocks, prima azienda italiana peragro commodities: «Oggi i biocarburanti si sono trasformati da costo in necessità e motivo di competitività – spiega il fondatore Mauro Fanin -. E c’è tanto spazio per fare evoluzione nel mondo agricolo». Amaro nonostante i dati, l’intervento di Fulvia Bacchi, in rappresentanza delle 1100 concerie italiane: «I nostri sistemi di trattamento delle acque sono un’eccellenza, la pelle è riutilizzabile ma è ancora molto facile denigrarci». Secondo Fabrizio Avari, di Lingotek di Fornovo, il «green» premia sia se si vuole essere scelti come clienti, sia come datori di lavoro da giovani talenti. L’ad di Pio-van – settore automazione per usare la plastica riciclata – Filippo Zuppichin parla di «positività» come atteggiamento «per trovare ogni giorno nuove soluzioni». Leggasi: brevetti. Maurizio Fusaro, del Gruppo Feralpi: «Abbiamo creduto che i rifiuti potessero essere recuperati e ora il green stone funziona più della ghiaia per i sottofondi stradali». Valeria Brambilla, socia di Deloitte: «Anche la finanza si convoglia verso le imprese sostenibili. E c’è bisogno di misurare questi parametri».
di Chiara Cacciani