GREEN WEEK – WELFARE AZIENDALE? NON È UN SOGNO

Gazzetta di Parma / di Vittorio Rotolo

Curare il benessere all’interno del proprio contesto produttivo, da solo, non basta. E le imprese italiane, in particolare nel nostro territorio, lo hanno compreso da tempo, cominciando a sviluppare innovative forme di welfare di comunità. Creare un clima sociale attrattivo, avere giovani preparati, incentivare le opportunità di formazione, sono oggi condizioni indispensabili per competere sui terreni della sostenibilità. «Le imprese private, se funzionano in maniera virtuosa, riescono ad avere una strategia di lungo termine, insieme ad una visione che non può prescindere da un fortissimo rapporto con la comunità di riferimento», ha affermato Alessandro Chiesi, chief commercial officer di Chiesi Farmaceutici e presidente di «Parma, io ci sto!», ospite di Green Week, il festival dedicato all’economia green che si è chiuso ieri con un doppio appuntamento a Palazzo Soragna. «’Parma, io ci sto!’ – ha proseguito Chiesi – esalta il gioco di squadra e la capacità di fare sistema da parte di pubblico e privato, come dimostrato dalla posa della prima pietra del Food Project dell’Università di Parma, e dall’avvio dei laboratori Farm, da Parma Capitale della Cultura e da KilometroVerdeParma. Il successo di un’impresa non lo fa l’imprenditore, ma la squadra ed il territorio: c’è bisogno di una leadership condivisa, che metta le buone pratiche al servizio della comunità». «Nella società contemporanea – ha osservato Franco Mosconi, docente di Economia industriale dell’Università di Parma – vi sono tre grandi tendenze, che hanno una loro declinazione lungo la via Emilia: la riscoperta della manifattura, la cui attività è il motore del progresso economico e vede le imprese accrescere il contenuto tecnologico delle loro specializzazioni; le politiche industriali nuove, finalizzate all’investimento in conoscenza; infine il ruolo delle comunità, che si lega allo spirito imprenditoriale e rappresenta l’idea di restituire al territorio. Attenzione – avverte Mosconi -, le diseguaglianze sono aumentate pure da queste parti. Ma in Emilia-Romagna abbiamo tanti ingredienti per provare a ripartire». Per Vera Negri Zamagni, docente di Storia economica dell’Università di Bologna, «occorre ristabilire quell’assetto tripolare che renda Stato, mercato e comunità partecipi di una co-progettazione, in una modalità che superi i conflitti e si ponga obiettivi comuni per realizzare la sussidiarietà circolare. Ad alimentare tale necessità sono le sfide, di grandissime proporzioni, che abbiamo di fronte». Gli esempi di successo danno sostanza al concetto di welfare di comunità. «Nei mesi scorsi abbiamo attivato un bando per promuovere iniziative di inclusione a favore dei ragazzi in ambito scolastico» ha spiegato Vittorio Ratto, vicedirettore generale Retail, Private e Digital di Crédit Agricole Italia. «Hanno risposto 35 associazioni e sono stati selezionati undici progetti, capaci di sostenere le famiglie ed i giovani nei loro percorsi scolastici. Crediamo sia un’iniziativa che rinsalda i legami con i territori». Progetto Quid è invece una realtà che si fa portatrice di un modello di imprenditoria sociale, attraverso la creazione di capi ed accessori nati dal recupero di tessuti d’eccellenza di fine serie. «Oltre l’80% dei nostri dipendenti è rappresentato da donne, molte delle quali con un passato di esclusione lavorativa» ha raccontato Valeria Valotto, vicepresidente di Progetto Quid. «Dal nostro punto di vista l’inclusione si costruisce mediante un welfare aziendale semplice, che si compone di una serie di tasselli: garantire accesso a sussidi e servizi, offrire uno sportello di supporto psicologico, lavorare sulla digitalizzazione. Il nettare dell’imprenditoria è trasformare i limiti in punti di partenza: l’imprenditoria sociale sa rispondere a quei bisogni».

 

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