Gazzetta di Parma -

«La sfida? Una geopolitica umana»

Geopolitica umana. Un accostamento di termini inedito, eppure, secondo Dario Fabbri, giornalista ed esperto di questi temi che ha di recente pubblicato un libro che recita proprio così, si tratta di un approccio che oggi può aiutarci a «calarci nello sguardo degli altri per renderci più consapevoli di quel che ci circonda nel mondo». Ma gli altri chi, precisamente? «Gli altri popoli, per quanto sembri eversivo dirlo, in un’epoca in cui si sostiene fortemente, almeno in Occidente, che i popoli non esistano più. Si crede che piuttosto ci siano solo i singoli cittadini, le individualità».

La tesi fondamentale del libro è che nella storia bisogna distinguere gli atteggiamenti dei popoli guardando al loro ‘spirito’ profondo, e non sulla base di criteri occidentali come la cultura o il sistema economico. Ci sono popoli che sono o puntano ad essere potenze, e altri che invece entrano nella sfera di influenza di altri. Lo strumento che muove questo meccanismo è, neanche a dirlo, la violenza, capace di ridisegnare la mappa della geopolitica umana.

«Precisiamo un punto – dice Fabbri -. Per capire gli altri popoli dobbiamo partire dal presupposto che non vivono di economia, come noi. Vivono di gloria: vogliono entrare nei libri di storia. I russi non hanno da mangiare, non hanno una grande economia, non hanno diritti politici. Ma hanno una sfera d’influenza, così come d’altra parte gli americani».

Con i nostri strumenti facciamo certamente fatica a cogliere questa prospettiva: «I russi invadono l’Ucraina? Noi crediamo sia perché sono razzisti, perché li odiano, ma questa è una nostra lettura – precisa Fabbri -. Per loro gli ucraini semplicemente appartengono al loro popolo: sono russi. Oppure: in Iran nel 2020 è scoppiata una rivolta, e noi abbiamo festeggiato credendo che ‘finalmente’ loro volessero vivere come noi. Salvo notare, poi, che si battono per principi molto diversi. Le donne persiane non vogliono vivere come noi, vogliono un impero, un po’ meno islamico, sì, ma certo non come l’Occidente». A capire questo serve, in primis, una geopolitica umana.

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