La vocazione green di Cantina Pizzolato: dai vini bio all’edilizia in legno

Una storia che parte agli inizi del Novecento con il nonno dell’attuale proprietario; nel 1981, l’apertura dell’azienda, sin dai primi anni focalizzata sulla coltivazione biologica, con diverse certificazioni in questo senso ottenute sin dai primi anni Novanta: questa è la Cantina Pizzolato di Villorba (Treviso), che ha recentemente conosciuto importanti innovazioni sotto la guida di Settimo Pizzolato.

La filosofia aziendale è oggi ben definita e condivisa all’interno dell’ambiente di lavoro. «La sostenibilità è sottolineata in tutte le nostre scelte – afferma Pizzolato –: decidere in che modo affrontare un’annata critica, stabilire in base alle conoscenze climatiche la riduzione dei trattamenti in vigna, l’utilizzo di macchinari di ultima generazione per il basso impatto ambientale, così come l’attenzione negli spazi interni, con il completo riciclo dei rifiuti, l’utilizzo di carta riciclabile e le collaborazioni tra aziende vicine a sostegno della sostenibilità territoriale».

La scelta della sostenibilità ambientale si concretizza non solo nel produrre biologico, ma anche nell’edilizia, con la nuova sede dell’azienda che Pizzolato definisce «un sogno che diventa realtà dopo 35 anni di storia». Il progetto è firmato da MADE associati, studio di architettura e del paesaggio, degli architetti trevigiani Adriano Marangon e Michela De Poli; che, racconta Pizzolato, «subito hanno intuito e disegnato  ciò che avevo in mente. Volevamo una cantina che inglobasse innanzitutto le aree diverse di produzione, perciò abbiamo trasportato l’area di imbottigliamento all’interno del progetto. La necessità era dare nuovi spazi e soprattutto continuità all’intero ciclo produttivo, in una struttura funzionale che rispecchiasse la nostra filosofia.  Desideravo una cantina che trasmettesse calore, ospitalità, attenzione, naturalità. Che fosse la fase finale di un percorso che parte dal vigneto e arriva nelle case e nei calici di chi sceglie uno dei nostri vini. Serve trasparenza in questo tipo di lavoro, simboleggiata anche dal progetto della passerella sospesa da cui si può vedere ogni passaggio dell’uva che diventa vino. La nuova cantina per me è il completamento di un sogno, è la possibilità di farlo vivere e di raccontarlo».

Quando è stato scelto il progetto definitivo che prevedeva una struttura avvolta dal legno, è sembrato «naturale» a Pizzolato coinvolgere la ditta ITLAS. Il legno di faggio, certificato Pefc, proviene solamente dalla foresta controllata del Cansiglio attraverso un processo di selezione attuato in accordo con Veneto Agricoltura. «Un prodotto locale – sottolienea Pizzolato -, poiché la foresta del Cansiglio è situata a soli venticinque chilometri dalla sede produttiva di ITLAS. Questo legno possiede inoltre caratteristiche tecniche di robustezza e resistenza eccezionali, tanto da essere utilizzato fin dai tempi della Serenissima. Un progetto complesso e ricercato, che ha dato vita ad una struttura estremamente contemporanea nella sua linearità, una realtà che si fonda con il territorio circostante di cui sono orgoglioso».

L’edificio ha una “pelle” costituita da un rivestimento-filtro in listoni di legno posti in senso verticale, la cui ossidazione contribuirà nel tempo all’integrazione della struttura nel paesaggio, riprendendo le costruzioni rustiche tradizionali della campagna trevigiana. Inoltre l’edificio ha numerosi punti di contatto con l’esterno – con alcune superfici in erba fanno da transizione tra la zona del parcheggio e l’edificio, mentre una piazzetta in legno dà continuità all’interno – dove lo spazio esterno pavimentato viene usato in occasione di eventi e manifestazioni legate alle attività dell’azienda.

Nel futuro della Cantina c’è in primo luogo la ricerca, sia sui vini che in campagna. «Un progetto al quale tengo particolarmente è la coltivazione di vitigni resistenti – spiega il titolare -, un punto di partenza per cercare di rendere la coltivazione biologica 100% sostenibile. Ritengo che possano essere una valida alternativa soprattutto nell’agricoltura convenzionale per evitare di irrorare trattamenti ad esempio nelle zone abitate».

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